… si continua “Online”!

Alla luce del momento che stiamo vivendo, è stato necessario applicare al mio lavoro qualche <<modifica>>.

Per tutti noi si tratta di una situazione ‘sospesa’, la quotidianità viene ridefinita e ci si ri-organizza, con qualche timore, e molte speranze.

Tutti, dalle finestre illuminate delle nostre case spiamo fuori pensando a quanto tutto ci manca e a quando (vorremmo fosse il prima possibile) potremmo davvero passeggiare liberamente all’aperto.

Nel frattempo, mantenere i contatti ci fa sentire uniti, tra una telefonata e l’altra ci sentiamo meno impauriti, legati dalle nostre speranze comuni.

 

Offro quindi la possibilità di svolgere consulenze online, in video chiamata (skype, whatsapp), con l’intenzione e la voglia di accorciare queste distanze, e permettere un sostegno, anche da lontano, a tutti quelli che lo necessitino.

La prima consulenza, come di mia consuetudine, è gratuita: anche da “distanti” rimane importante, per un paziente, poter scegliere da chi essere accompagnato.

Sono disponibile per:

-colloqui psicologici con preadolescenti-adolescenti;

-colloqui psicologici con giovani adulti e adulti;

-colloqui di sostegno genitoriale.

 

Per informazioni e per fissare una prima video chiamata:

348-9934783

debora.govoni2@gmail.com

Dott.ssa Debora Govoni

Essere “ancora” single: hai paura di rimanere solo/a?

  • Nella società odierna essere “soli” pesa sempre di più.

Nonostante la precarietà lavorativa solleciti i giovani a rimandare i  progetti di vita futuri, secondo il pensiero comune persistono egualmente obiettivi inderogabili, come quello di avere un partner.

“Ma come, sei così carina e a 30 anni non hai una fidanzato?”  

“Alla tua età non puoi permetterti una casa tua?”

“Devi sbrigarti, ormai hai 35 anni.. quando lo vuoi un bambino?”

E’ infatti possibile che, con il passare degli anni, anche persone che non avevano mai cercato irrefrenabilmente di trovare qualcuno da avere accanto, comincino ad avere dubbi e alcune paure. Potrebbero, per esempio chiedersi: E se rimanessi sola/o?

La paura di rimanere single

La paura di rimanere single si può avere da sempre, o può crescere con il tempo. Questo timore può nascere da caratteristiche delle relazioni passate (di dipendenza, per esempio), da poca fiducia in se stessi o dalla sensazione di valere poco, se non accompagnati.

Oppure, la sensazione di sentirsi soli puó cominciare a diventare una realtà scomoda solo ora, perché si sente che “si dovrebbe assolutamente trovare qualcuno”.

E’ vero che amare e sentirsi amati fa parte dei bisogni più profondi degli esseri umani, ma è fondamentale non confondere questo con la sensazione di fallimento personale, o di qualcosa che non va.

Innanzitutto, è importante chiedersi quanto il pensiero degli altri stia condizionando la propria visione, quanto si desidera davvero avere un partner e di cosa si avrebbe bisogno.

Alcune persone potrebbero a tutti i costi cercare un compagno per coprire quel “+1” alle feste e per poter finalmente rispondere alle domande dei parenti, rendendosi conto col tempo che quella relazione le rende più vuote ed infelici di prima.

Altre persone “lottano” a tal punto per avere qualcuno al proprio fianco da ritrovarsi in relazioni terribilmente sbagliate o da cercare di mantenere storie che, da tempo, non funzionano più.

Le persone che provano questa paura tendono, infatti, ad adattarsi a relazioni che non le soddisfano, finendo per investire in individui che, in passato, non avrebbero mai considerato.

Se questo dovesse accadere, consiglio di pensare a quanto prendersi un momento per sé possa essere una soluzione di gran lunga più soddisfacente di una relazione vuota e complicata.

Prendersi tempo per capire cosa si sta cercando e perché lo si sta facendo è il primo passo per sentirsi meglio.

Abbandonando per un attimo l’idea che è in “un altro” che si può trovare quello che si sta cercando, si può  intanto cercare di vivere meglio a tu per tu con sé stessi.

Incominciando da qui,  si potrebbe poi trovare il coraggio di scegliere accuratamente le prossime persone da far entrare nella propria vita e con cui condividere quanto scoperto.

 

In un mondo ormai caratterizzato da connessione continua, scegliere di “scollegarsi” per un attimo potrebbe aiutare a concedersi tempo e a vedere questo momento di paura da una prospettiva diversa.

 

 

 

 

 

 

L’amore ai tempi di Tinder

Tinder, Facebook, siti d’incontri: la ricerca del partner online è diventata la nuova tendenza. Ci si avvicina virtualmente, conoscendosi e chattando online, per poi (forse) incontrarsi.

Ma quali sono i vantaggi di questa nuova modalità di ricerca?

Uno dei primi è quello di aver “abbattuto” qualsiasi limite del campo di ricerca. I ragazzi possono cercare nuovi match non solo nel proprio quartiere, ma nella propria città e nella propria nazione. Se prima le possibilità di successo erano poche, ora sono tantissime.

Un altro vantaggioè il superamento di un limite importante per i giovani di oggi: il tempo. In un mondo in cui il lavoro occupa la maggior parte del tempo, ritagliarsi un momento per le nuove conoscenze è sempre più difficile. Perché dunque non optare per una ricerca online, che permette di dedicarsi alle nuove conoscenze ovunque e in ogni momento?

Il terzo vantaggio è l’assenza del momento più faticoso, quello dell’approccio: quella battuta che pone inizio al flirt, intrisa di imbarazzo e vergogna, che misura la capacità di “saperci fare”. Senza questo obbligo non si rende forse tutto più leggero?

Ma cos’è che rende queste app/siti così avvincenti?

L’incontro virtuale, eliminando indici importanti quali voce, mimica ed aspetto fisico del partner, permette ai ragazzi di vivere le propri fantasie liberamente, guidati dal desiderio di gratificare ogni proprio bisogno.

E’ dentro questa nuova relazione online che ogni ragazzo sperimenta il rapporto che ha sempre cercato e voluto.

Mi ha fatto sorridere leggere come questi incontri vengano paragonati alle “cotte adolescenziali”, quegli amori idealizzati che si cucivano addosso a qualsiasi ragazza, nati da un’immagine o da una piccola sensazione.

Questo spiegherebbe come mai molti ragazzi che chattano preferiscano rimanere online, resistendo alla possibilità di un incontro reale. Conoscersi “dal vivo” introdurrebbe aspetti della realtà dell’altra persona che potrebbero non coincidere con questa immagine idealizzaamore ai tempi di Tinderta, togliendo spazio alla propria fantasia. Ecco perché incontrarsi personalmente comporta un rischio forte, che alcuni preferiscono non correre.

Sicuramente, la ricerca online ha uno scopo difensivo: immergersi nelle fantasie, in alcuni casi, è molto più comodo. Ma, perché no, può essere anche un modo per conoscere meglio se stessi e cosa si sta cercando, assumendosi poi il rischio di incontrarsi davvero.

 

Gelosia: cos’è e perché la proviamo?

Molti di noi sanno bene cosa significhi convivere con attacchi di gelosia.

Chi può dire di non averla mai provata?

In fondo, la gelosia non è altro che il profondo timore di perdere una persona per noi importante, a causa della presenza di un terzo che pensiamo possa portarla via. Ognuno di noi può averla provata, anche se ad intensità e a livelli differenti.

Vi sono diverse gelosie, da quelle basate su fatti reali ed oggettivi a quelle che si manifestano per sospetti e fantasie infondate. Soprattutto le ultime, infatti, nascono spesso da dinamiche inconsce appartenenti al passato, che è importante riconoscere e trattare.

Le gelosie eccessive possono sfociare in relazioni patologiche, dove il controllo dell’altro è l’espressione di un’importante dipendenza affettiva. In questo caso, è fondamentale riconoscere la criticità di queste manifestazioni e cercare di elaborarle prima che comportino spiacevoli conseguenze.

Ma come nasce la gelosia?

Questo sentimentogelosia; psicologa bologna viene ricollegata al nostro desiderio infantile di essere l’unico oggetto d’amore dei genitori e al bisogno di sentirci amati.

E’ proprio in quel momento che può comparire la gelosia nei confronti del genitore del sesso opposto e verso il fratellino o la sorellina, percepiti come rivali in questa “lotta d’attenzione”. L’insorgere di questa gelosia dipenderà dall’atteggiamento genitoriale nel riconoscere e mediare certe manifestazioni nei propri figli.

I due principali tipi di gelosia sono:

1.gelosia equilibrata: caratterizzata dal timore e dalla preoccupazione di essere abbandonati dalla persona di cui siamo innamorati, basata sia su fatti reali che immaginati. Le persone colpite da questa gelosia tendono a colpevolizzarsi per l’eventuale perdita subita o immaginata, nutrendo sentimenti di inadeguatezza ed ostilità nei confronti dei rivali in amore.

2.gelosia proiettata: contraddistinta da una proiezione sul compagno di proprie fantasie inconsce e impulsi repressi inerenti a un possibile tradimento del partner. Si attribuiscono, quindi, all’altro pensieri e desideri proibiti che non si vogliono riconoscere e accettare.

E’ consigliabile riflettere su quanto della nostra storia personale stiamo proiettando sulla relazione con il nostro partner attuale e su come si possa tentare di “lavorarci” autonomamente, senza coinvolgere o fare soffrire l’altro.

La gelosia, in fondo, presenta un forte paradosso: si alimenta con il bisogno di attenzione e vicinanza ma, nelle sue forme più estreme, rischia di allontanare.

Questo forte sentimento, se eccessivo, potrebbe infastidire il partner, rendendolo schivo, preoccupato e, in alcuni casi, desideroso di trasgredire quei limiti imposti dal compagno, per poter riacquistare la sua libertà.

Essere fedeli dovrebbe poter essere una scelta, libera e profonda, lontana da convezioni sociali precostituite o da gelosie imposte. Quindi, quando vediamo che questa gelosia comincia a “controllarci”, prendiamo in mano la situazione e lasciamo che il nostro partner scelga, liberamente, di scegliere sempre e solo noi.

Indecisione: come mai è così difficile scegliere?

Quante volte ci è capitato di non riuscire a scegliere?

Vivere momenti di indecisione è qualcosa che capita a tutti noi, sia per le piccole che per le grandi decisioni. Ci si rivolge spesso alcune domande, come per esempio: “Forse devo smettere di fare questo lavoro?”, “Devo o non devo mettere uno stop a questa relazione?”, “Preferirei questo o quello?”.

Quindi QUANDO l’indecisione può diventare un problema?

Questo dipende, principalmente, dal grado di “intensità” con cui si tendono ad evitare alcune scelte o decisioni. In alcuni casi, l’essere indecisi può essere un aspetto del nostro carattere che varia in base alle differenti circostanze, senza però essere esagerato od eccessivo: la difficoltà è quindi a volte lieve e, in altri momenti, più intensa.

Al contrario, in alcunindecisione; psicologabolognae situazioni, l’indecisione può immobilizzarci a tal punto da spingerci a delegare costantemente le scelte ad altri o a rimandare sempre più avanti il difficile momento della decisione.

Ciò può accadere per svariate ragioni.

Talvolta la paura di sbagliare con la conseguente possibilità di incontrare un fallimento assumono per noi un valore così importante da mandarci completamente in “tilt”. In altre occasioni, l’assunzione di responsabilità ci risulta essere un carico troppo grande da sostenere ed accettare, poiché collegata ad errori commessi nel passato.

La difficoltà decisionale è spesso collegata al profondo timore di contattare la nostra parte meno conosciuta, nonché più vera ed istintiva. Questa dimensione nascosta ci spaventa in quanto sede del nostro ‘desiderio’: pulsione libidica più autentica, ma anche più imprevedibile e “pericolosa”.

Cosa fare quindi nel caso di indecisione “eccessiva”?

E’ vero che delegare le scelte è sicuramente una risposta comoda, ma vogliamo davvero far scegliere della nostra vita ad altri? Se la risposta è no e questa difficoltà ci tormenta, è importante dare spazio a quello che è il nostro desiderio, in quanto spinta vitale orientata ai più differenti obiettivi (università, lavoro, relazioni, affetti).

E’ consigliabile, quindi, alimentare questa nostra spinta pulsionale allontanandoci gradualmente dalle aspettative e dalle attese degli altri, definendo e costruendo qualcosa di personale ed intimo, che sia solo nostro. Potremo così soddisfare i nostri bisogni più profondi e dare vita a nuovi progetti, assumendone i rischi con maggior leggerezza.

L’obiettivo è, in conclusione, quello di assecondare i nostri desideri più autentici traendo giovamento dalle relazioni con gli altri, senza esserne però schiacciati. In questo modo, ascoltandoci di più ed assumendoci le nostre responsabilità, una scelta non potrà mai rivelarsi davvero sbagliata.

 

Qualora abbiate domande o curiosità su questo tema, non esitate a contattarmi! 

Dott.ssa Debora Govoni: deboragovoni2@gmail.com

 

 

 

 

 

La scelta del partner: perché proprio lui/lei?

Da cosa è influenzata la scelta di coppia e come è ricollegabile al nostro passato

La scelta del partner si basa, principalmente, sulla convinzione che egli sia la persona che meglio riesce a soddisfare i nostri bisogni e a sopperire alle nostre fragilità

Se ciò è chiaro a tutti, meno scontato è il fatto che spesso vi sia la tendenza a ricercare nel partner tratti caratteriali identici a quelli dei propri genitori. La radice di tale comportamento può risiedere nell’ammirazione che ognuno di noi nutre verso chi ci ha cresciuti, ma non di rado è riconducibile al desiderio di superare le difficoltà relazionali  insorte in ambito familiare.

Affrontare e risolvere con il partner questioni rimaste in sospeso con i propri genitori è un modo per curare indirettamente le ferite del passato. L’obiettivo inconscio, in pratica, è quello di riuscire a correggere i difetti che il partner ha in comune con la figura genitoriale di riferimento.

“Cosicchè l’amore contiene in sè la contraddizione tra il tentativo di tornare al passato e il tentativo di annullarlo” (Crimini e Misfatti, Woody Allen).

la scelta del partner

La teoria dell’attaccamento di Bolwby

Secondo John Bolwby, famoso per aver elaborato la teoria dell’attaccamento, l’uomo sceglie i propri legami affettivi in base al modello relazionale instauratosi tra lui e i propri genitori. Nello specifico, secondo tale teoria, sono rinvenibili diversi stili di attaccamento.

Lo stile sicuro è caratterizzato dalla capacità di vivere esperienze intime serene ed equilibrate, generate da una relazione solida e positiva con la figura materna.

Lo stile insicuro evitante è invece contraddistinto dal timore dell’intimità e da una mancanza di fiducia negli altri. L‘adulto che presenta questa tipologia di attaccamento ha sperimentato una relazione genitoriale caratterizzata da numerosi rifiuti e da una scarsa interazione.

Lo stile insicuro ansioso/ambivalente, infine, è caratterizzato dalla paura che il partner non sappia o non voglia essere di sostegno nei momenti di bisogno. Tale modello si origina in presenza di figure genitoriali che adottano nei confronti dei figli condotte ambigue e incoerenti.

Secondo Bolwby, dunque, ognuno di noi tende a riproporre all’interno dei nuovi rapporti le dinamiche relazionali sviluppatesi in ambito familiare. Un ruolo fondamentale è tuttavia svolto anche dalla maniera in cui ognuno di noi reagisce agli stimoli esterni, a prescindere dalla natura di questi ultimi. Infatti, mentre l’adulto sicuro tenderà nella quasi totalità dei casi ad avvicinarsi ad un altro modello disponibile ed equilibrato, l’adulto insicuro (evitante o ambivalente) potrà, a un certo punto, dirottare la propria ricerca verso una tipologia di partner di tipo sicuro, spinto dal bisogno di equilibrare la propria sfera emotiva.

In conclusione, sebbene la ricerca della dolce metà risulti fortemente influenzata dal background familiare di ognuno di noi, anche chi provenga da un contesto deficitario è in grado di instaurare una relazione sana ed equilibrata. D’altronde, il fine ultimo di chiunque si imbarchi in una nuova relazione è quello di soddisfare uno dei bisogni più profondi dell’uomo: quello di amare e di essere amati.

 

Se avete domande o curiosità su questo tema, non esitate a contattarmi!
Dott.ssa Debora Govoni: deboragovoni2@gmail.com

 

2018: il nuovo anno vi mette ansia?




Gli ultimi giorni dell’anno portano spesso alla mente tanti ricordi. L’uno di gennaio fa invece sorgere in ognuno di noi speranze, aspettative e nuovi obiettivi.

E se l’arrivo di questo nuovo anno ci facesse sentire entusiasti ma anche un po’ sotto pressione?

Come mai dopo i bagordi di capodanno ci siamo alzati pieni di energie, ma anche inaspettatamente tesi?

Quando un anno termina, si è soliti ripassare mentalmente i momenti, le situazioni e le sensazioni che ci hanno segnato. Si ripensa a come alcune cose siano inevitabilmente finite, cambiate, maturate o peggiorate.

Relativamente ad esseansia; aspettative; nuovo anno, ci si pongono domande su come si potrebbe migliorare e  su cosa si potrebbe cambiare. Ci si osserva dall’esterno, alla ricerca di un’autovalutazione obiettiva:

“Ho fatto tutto il possibile? Di cosa non sono contento? Cosa potrei fare per migliorare?”

Tutti, la notte del 31, ci siamo addormentati cullati dalle stesse domande, sperando di risvegliarci nel 2018 con qualche risposta in più.

Dopo ogni vacanza, è comune che ci si senta più tesi del solito, come se fosse cambiato qualcosa. Ciò vale a maggior ragione dopo la pausa natalizia, sotto il peso delle aspettative derivanti dal nuovo anno.

Iniziare qualcosa, infatti, comporta di norma la nascita di attese e speranze per il futuro, che possono caricarci emotivamente, generando un’ansia leggera e fisiologica. Qualora tuttavia l’asticella venga posta esageratamente al di sopra delle nostre possibilità, può sorgere in noi un eccessivo stato di preoccupazione.

Per quanto possa risultare difficile, abbassare un po’ i propri obiettivi potrebbe essere la soluzione più semplice. E’ importante che questa strategia, però, si applichi senza sminuire la fiducia in se stessi e senza aspirare ad aspettative riduttive rispetto alle proprie potenzialità. In quest’ottica, il fallimento deve essere considerato come un rischio calcolato, e non come una sconfitta. Il nostro scopo non deve essere la perfezione, ma la piena realizzazione di noi stessi.

Cosa succede se si abbassano le aspettative?

L’espediente sopra esposto consente di vivere in modo più spontaneo e leggero la propria quotidianità, godendosi sia i risultati ottenuti, che il loro raggiungimento. La forte tensione, dovuta al timore di non raggiungere gli obiettivi prefissati, può in tal modo essere convertita in “ansia positiva”. È infatti importante ricordare che quest’ansia, quando accompagnata da aspettative congrue, è per noi una grande risorsa e un’importante alleata: essa migliora la concentrazione e attiva le nostre risposte fisiologiche in caso di situazioni di pericolo.

Provare ansia è qualcosa di umano, importante ed estremamente funzionale.

Per questo nuovo anno, è dunque importante chiedersi se le nostre attese sono troppo pretenziose o, al contrario, realizzabili. È necessario domandarsi se l’ansia che si sente sia proporzionata e leggera, come ad ogni nuovo inizio, o eccessiva e sproporzionata rispetto a ciò che ci aspetta.

Richiedere troppo a noi stessi rischia di portare ad un fallimento evitabile e di farci sentire molto più insicuri di quanto siamo realmente. Aspettarsi qualcosa di raggiungibile ed equilibrato, viceversa, può darci la forza di realizzare ogni nostro desiderio.

Se avete domande o curiosità su questo tema, non esitate a contattarmi!
Dott.ssa Debora Govoni: deboragovoni2@gmail.com
Follow by Email
LinkedIn
RSS